Sempre più lavoratrici della sanità sono vittime di episodi di violenza sul luogo di lavoro.
Sono circa 5000 ogni anno le aggressioni al personale sanitario, 13-14 al giorno secondo l’INAIL. Il 58% sfociano dall’attacco verbale a vere e proprie aggressioni fisiche, senza contare quelle riconducibili a scherno o diffamazione sui social.
Metà di queste sono rivolte agli infermieri, interlocutori privilegiati dei pazienti. Se si conta che il circa il 78% degli infermieri sono donne, possiamo stimare che sono oltre 180 mila le aggressioni subite dalle lavoratrici della sanità. Un dato allarmante e ancora poco conosciuto, che porta con sé numerosi interrogativi sulla sicurezza delle strutture e sulla percezione errata del personale sanitario preposto.
Ad oggi i principali fattori di rischio sono rappresentati dagli atteggiamenti negativi dei pazienti verso i sanitari e la crescente sfiducia verso l’intero sistema, aggravati dalle aspettative e frustrazioni dei familiari, dal senso di impotenza connesso alle lunghe attese e alle crescenti restrizioni imposte dal contenimento del covid-19.
Questo latente malessere ha contribuito ulteriormente ad acuire il fenomeno, impattando fortemente anche la qualità e l’efficacia dell’assistenza e causando un progressivo abbandono professionale. Infatti, gli impatti emotivi e fisici delle aggressioni sugli operatori sanitari, rompono definitivamente il rapporto con il paziente fino al totale disfacimento.
Ecco perché, in concomitanza con la Giornata contro la violenza sulle donne, si è reso necessario istituire un dialogo aperto sulla questione. Nel 2021 è stata istituita la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza sulle lavoratori della sanità per prevenire forme restrittive e garanti della sicurezza, che rischiano di alterare il rapporto con i pazienti e la qualità stessa dell’assistenza.